Breve storia di Augusta: la cinta bastionata aragonese
AUGUSTA – Nell’ambito di una più ampia iniziativa editoriale promossa da La Gazzetta Augustana.it di divulgazione e promozione della storia di Augusta, abbiamo previsto una rubrica settimanale tematica nel nostro web magazine di approfondimento “Cultura”. Ha per titolo “Breve Storia di Augusta” ed è curata da Filippo Salvatore Lentini, detto Salvo, già ufficiale della Marina Militare, che da appassionato alle vicende storiche e alle tradizioni augustane, facendo ricorso ad un’estesa bibliografia che comprende i numeri del “Notiziario storico di Augusta” e i diversi lavori succedutisi nel tempo di noti studiosi della storia cittadina (che Lentini ci ha chiesto di menzionare in ordine casuale in premessa: Mario Mentesana, Elio Salerno, Tullio Marcon, Ennio Salerno, Vincenzo Vinciguerra, Ezechiele Salerno, Giorgio Casole, Sebastiano Salomone, Giovanni Vaccaro, Giuseppe Messina, Giovanni Satta, Giuseppe Carrabino, Italo Russo e non solo), ha pubblicato nel 2008 l’apprezzata opera dal titolo “L’Isola delle Palme”. Offrirà ai lettori de La Gazzetta Augustana.it, per la prima volta su una testata, la versione ridotta e adattata al web della sua pubblicazione.
2. La cinta bastionata aragonese.
All’inizio del sedicesimo secolo aumentarono le preoccupazioni dei regnanti di Spagna, sia per la continua e concreta minaccia costituita dalla crescente potenza turca, che per l’intensificarsi delle scorrerie dei pirati che infestavano i mari del bacino mediterraneo. Questa situazione di continuo pericolo costrinse i governanti spagnoli a dover rafforzare le fortificazioni delle città che, in modo particolare quelle poste sulla costa orientale della Sicilia, erano più soggette agli attacchi provenienti dal mare.
All’epoca Augusta aveva il castello svevo a Nord, per la difesa di eventuali attacchi da terra, e a Sud il muro della cinta bastionata, fatta costruire nel 1288 da re Giacomo II d’Aragona, per ostacolare i tentativi di invasione provenienti dal mare, attraverso la pianura di Terravecchia. Questa “muraglia” era stata fatta erigere dal re aragonese perché egli stesso, nelle vesti d’assediante qualche anno prima, aveva avuto modo di sperimentare che la parte meridionale dell’allora penisola era il luogo più comodo ove poter sbarcare per conquistare agevolmente la città.
La cinta muraria si estendeva da levante fino a ponente; la sua porta era in direzione del castello e si raggiungeva facilmente attraverso la lunga e diritta Via Maestra: l’attuale Via Principe Umberto, ossia la nostra popolare “Strata Mastra”. Abbastanza lunga, corrispondente più o meno agli attuali caseggiati situati a Sud di Via della Rotonda, la cortina muraria comprendeva tre bastioni e la porta. Questi bastioni erano individuabili, in relazione alla loro posizione, come “Bastione Forni”, nei pressi della Ricetta di Malta, “Bastione Soccorso”, per la presenza della Chiesa della Rotonda e “Bastione Cannizzoli”, dal luogo così denominato, situato nell’estremo lato di ponente; nomi questi attribuiti ai bastioni in epoca molto successiva alla loro costruzione.
L’antica cinta aragonese, della quale una parte era già stata demolita da tempo per la costruzione della Chiesa della Rotonda e, in seguito, del convento dei frati cappuccini, probabilmente la si cominciò a “smantellare” nella seconda parte dell’Ottocento, cominciando lentamente a sparire, un troncone per volta, nell’arco di un secolo. Della vecchia barriera protettiva, voluta da Giacomo II d’Aragona, sono sopravvissuti soltanto due vecchi e poco significativi ruderi, uno ad Est e un altro ad Ovest dell’isola. Infatti, il progresso e la modernità condannarono la cinta muraria a cedere sempre più il posto alle nuove costruzioni civili, sorte sulle sue rovine, e all’ampliamento dell’ottocentesco convento dei frati cappuccini, avvenuto negli anni Cinquanta dello scorso secolo.
Per oltre sei lunghissimi secoli, la cinta muraria ha rappresentato il confine fra la città, sviluppatasi all’ombra del castello, e l’estremo Sud dello “Scoglio”, costituito dalla vasta area della pianura di Terravecchia. Terravecchia era un luogo molto conosciuto dagli antichi navigatori che, trovandosi nelle vicinanze delle sue coste, vi si fermavano per rifornirsi abbondantemente dell’acqua potabile che sgorgava dalla rigogliosa sorgente Claradea.
Nella pianura vi erano campi agricoli con delle casette rurali; qui si trovavano anche la piccola Chiesa di San Salvatore ed una torre di avvistamento, provvista di alloggi per il corpo di guardia, per segnalare l’avvicinarsi di eventuali navi nemiche. Questa torre, fatta costruire nel 1543 dal vicerè Vega, si trovava nei pressi dell’attuale incrocio fra Via Dessiè e Via Francesco Caracciolo; la struttura fu demolita negli anni Sessanta dello scorso secolo, dopo quattro secoli di esistenza e di vario utilizzo, per far spazio alla costruzione di nuovi edifici abitativi. Per quanto riguarda la chiesetta di San Salvatore è probabile che sia scomparsa in seguito al violento terremoto del gennaio 1693.
Salvo Lentini