Bentrovati finalmente! Ultimamente ho peccato un po’ di incompletezza. Ci sono stati vari eventi in questo mese e mezzo che avrebbero meritato attenzione ma, iniziando a scrivere su qualcosa, non mi sentivo trasportato pienamente dall’argomento. Quindi, per l’occasione natalizia, ho deciso di fare un piccolo riepilogo dei fatti più importanti prima di concentrarci sul tema principale di oggi.
Dicembre si apre con la notizia della morte di Scott Weiland, che ci riporta dritti agli anni ’90, ai suoni del grunge e agli abusi letali di droghe ed alcool, tragicamente noti quando si parla di morti in ambito musicale. L’8 dicembre, mentre siamo impegnati a fare l’albero di Natale, alla radio suona “Imagine”, in ricordo di quel tragico 8 dicembre del 1980, quando moriva assassinato a New York John Lennon.
Ci sono anniversari di pubblicazioni illustri come il 16 dicembre, quando si ricorda la pubblicazione di “Hey Joe”, primo singolo di Jimi Hendrix; c’è il 17 dicembre, che quest’anno è più che mai il giorno di David Bowie, dal momento che nel ’71 il Duca pubblicava “Hunky Dory” e quest’anno invece ci delizia con il secondo singolo estratto dal suo nuovo album che uscirà l’8 gennaio prossimo, data del suo 69° compleanno.
Poi viene il 18 dicembre, il giorno in cui tutti i narcotrafficanti del mondo si soffermano un attimo a pensare a come Keith Richards quest’anno sia riuscito a soffiare su 72 candeline. Passiamo da una triste giornata come quella di ieri, che ci riporta sia al 22 dicembre dello scorso anno, quando si spegneva Joe Cocker, che a quella di tredici anni prima dove in una casetta di campagna di Broomfield il cuore di Joe Strummer smetteva di battere. Ma pensare e guardare solo al passato sarebbe poco fruttifero. Ecco perché oggi, 23 dicembre, è un giorno altrettanto importante, di cui vale la pena ricordare qualcosa. Oggi infatti la leggenda del jazz Chet Baker avrebbe compiuto 86 anni.
Ma non può piovere per sempre, quindi lasciamoci alle spalle le cose tristi e pensiamo invece a fare tanti auguri di buon compleanno al buon Eddie Vedder, cuore ed anima pulsante dei Pearl Jam. Eddie Vedder, l’unico uomo con la capacità di far piangere anche i più duri. Persino Clint Eastwood si scioglierebbe in un pianto a dirotto dopo aver ascoltato un pezzo con quel calore e quella malinconia che solo il buon Eddie sa regalare.
Personalmente, all’interno del panorama del Seattle Grunge, i Pearl Jam sono il gruppo che ho ascoltato di meno. Non so per quale motivo ma non li ho mai collocati pienamente dentro quel movimento. Mettere in discussione la loro bravura o importanza è impensabile. In particolare la figura di Vedder si è rivelata negli anni estremamente carismatica, il tutto testimoniato dalle innumerevoli illustri collaborazioni. E pensare che Vedder prima di incidere con i Pearl Jam realizzò insieme a Chris Cornell, altra fantastica voce della Seattle Sound, un album capolavoro omonimo del gruppo Temple of The Dog. Era il 1991 e i Pearl qualche mese dopo pubblicheranno Ten.
Nonostante Eddie abbia raggiunto la fama internazionale come cantante del gruppo, a mio avviso, la sua opera meglio riuscita è il disco colonna sonora “Into The Wild”, dell’omonimo film appunto. Nonostante sia appunto una colonna sonora di un film, il disco può essere a tutti gli effetti considerato un’opera a sé. Anche se la maggior parte dei pezzi presenta una durata ridotta, questo non ne pregiudica la bellezza, la purezza, la potenza d’impatto nel cuore di chi l’ascolta.
La perla è senza ombra di dubbio la “younghiana” Society, un brano caratterizzato da una bellezza struggente, capace di inebriare l’anima e di farti piangere, e ascoltarlo guardando il film fa piangere davvero. Per chi ama lo stile melodico di Vedder, questo disco deve essere un must da possedere, e ascoltare quando si è da soli al buio, quando si fa l’amore, quando si è tristi o felici. E per i fan di quella voce melodica, malinconica, dolce, ascoltare quest’album per intero diventa un obbligo almeno una volta al mese.
Un disco piccolo ma che dice grandi cose sulla nostra società, sui nostri desideri, sull’intensità e la ragionevolezza del dissenso, sulla ricerca di una propria autenticità, sulla mancanza di compromessi tipica della giovinezza, è un invito alla fuga ma non per scappare dalla realtà, al contrario per cercarla e trovarla. Probabilmente il film non godrebbe della stessa intensità se ad accompagnarlo non ci fosse la voce di Eddie Vedder, un grande uomo ed un grande cantante che, gusti a parte, ha segnato tutte le generazioni cresciute con quelle sonorità tremendamente anni ’90.
Noi ci prepariamo a questo Natale 2015 spegnendo la luce, sdraiandoci sul nostro letto, mettendo in play “Into The Wild” e chiudendo gli occhi, sperando che questa società possa un domani diventare migliore. Nel frattempo ci soffermiamo ancora un attimo e facciamo tanti auguri al buon Eddie.