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La difesa della vita passa dal “Muscatello”, cittadini in marcia con padre Palmiro

AUGUSTA – Ancora un 28 del mese, con don Palmiro Prisutto, arciprete della chiesa Madre, alfiere delle battaglie ambientaliste, puntuale a ribaltare l’oblio delle istituzioni e a ricordare gli oltre ottocento morti per cancro del triangolo industriale. Questo 28, caduto di sabato, per il secondo corteo popolare consecutivo, si è associato un altro tema, sì inerente alla difesa del diritto alla salute, ma strettamente legato al ridimensionamento in atto dell’ospedale “Muscatello”.

Una “marcia per la salute, insieme per la vita“, con un nuovo raduno al cimitero comunale, dove, alle ore 16,30, padre Palmiro ha tenuto una breve allocuzione, esprimendo l’auspicio di un intervento delle istituzioni per per porre un freno alla perpetua strage silenziosa di Augusta. Accendere i riflettori sulla questione dell’ospedale il motivo principe della manifestazione, perché, come hanno ricordato don Prisutto e uno dei numerosi striscioni, “Salus populi suprema lex“, a cui l’arciprete ha aggiunto che “la salute è un diritto inviolabile, che non si può barattare, ma che va custodito e trasmesso alle generazioni future“. Per l’arciprete la questione sarebbe un “problema etico“, poiché non si può lasciare una città, già sotto il fardello dell’inquinamento, con una struttura ospedaliera a mezzo servizio. Poi un minuto di silenzio e la deposizione della corona di alloro davanti alla cappella.

marcia-per-lospedale-muscatello-con-padre-palmiro-prisutto-2Allora, don Prisutto ha guidato il corteo di donne e uomini, molti col fazzoletto bianco a indicare i cari morti di cancro, altri col foulard giallo a indicare che c’è qualcuno a loro vicino che sta lottando contro un tumore, verso l’ospedale civico “Muscatello”, per dare un segno tangibile che la gente si batte per la vita e quel presidio è più di un simbolo. Prisutto ha messo in evidenza il silenzio complice delle istituzioni, dopo la lettura dei morti per tumori, poi l’ultimo gesto collettivo di annodare i fazzoletti alla ringhiera accanto all’entrata principale dell’ospedale. L’assemblea si è sciolta, dandosi appuntamento per la consueta messa in chiesa Madre delle ore 19, palesando però l’amarezza per una partecipazione al di sotto delle aspettative.

Ha preso parte al corteo anche il sindaco Di Pietro, pur non in veste istituzionale. Alcuni, come ad Augusta accade in occasione di marce popolari in difesa di interessi generali, hanno rievocato la pagina storica della protesta cittadina del 28 dicembre 1960, quando la popolazione si ribellò compatta a un decreto ministeriale che minava il porto di Augusta nella sua integrità, cedendo parte della giurisdizione al Comune di Siracusa. In quella occasione, la serrata dei negozi fu generale, l’intero Consiglio comunale, guidato dall’allora vicesindaco Giovanni Saraceno, scese compatto per le strade, dando man forte ai manifestanti, che bloccarono la ferrovia, ma soprattutto la partenza delle navi, provocando danni all’economia statale. Il decreto che favoriva Siracusa fu annullato. Altri tempi, ma simili a questo di privazioni giustificate dalla cosiddetta spending review, mutatis mutandis.

Quella di questo sabato, invece, una manifestazione pacifica, fors’anche troppo, e non si sa che effetti avrà sortito, almeno fino al Consiglio comunale monotematico in programma lunedì mattina alle ore 10, alla presenza, si auspica, dei vertici dell’Asp e del distretto sanitario. E dell’altra assemblea popolare, promossa dal locale Tribunale per i diritti del malato, sempre lunedì ma alle ore 18 presso l’aula magna del “Ruiz”.


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