Quel “ratto di Proserpina” razziato alla città: a Catania la fontana più sprecata d’Italia!
Nel piazzale prospiciente la Stazione Centrale di Catania, in piazza Giovanni XXIII, è collocata probabilmente la fontana più bella della città etnea. L’opera è stata realizzata da Giulio Moschetti. L’artista marchigiano, catanese d’adozione, aveva già realizzato altre opere artistiche, come alcune statue della decorazione scultorea esterna del Teatro “Massimo Bellini”, ma anche alcune decorazioni non più esistenti per la facciata della Stazione Centrale.
Formato al classicismo presso l’Accademia di S. Luca a Roma, l’artista, attivo anche in altre città siciliane e a Malta, era stato incaricato dall’amministrazione catanese di realizzare una fontana per abbellire la zona della città che nel 1867 aveva visto l’apertura della Stazione. Moschetti scelse come tema mitologico del gruppo scultoreo principale quello del Ratto di Proserpina, strettamente connesso alla storia Sicilia, e a numerosi messaggi simbolici, qual i temi della transitorietà, della partenza e pendolarità, legati a loro volta alla scelta di ubicazione.
Lo “scultore del Mediterraneo” realizzò quindi la fontana nel 1904, con sculture interamente in cemento. Questo tipo di materiale, che a quell’epoca si stava diffondendo sempre più, potrebbe sembrare inadatto per un’opera d’arte e più consono alla costruzione di edifici. Esso venne scelto probabilmente per i costi ridotti rispetto all’impiego del bronzo, e soprattutto per le qualità intrinseche, compatibile alla formatura come il gesso scagliola, ma resistente come la pietra calcarea.
La vasca è di notevoli dimensioni. Di forma e profondità irregolari, potrebbe ricordare la sagoma di un occhio. Essa, probabilmente rappresentazione di un lago, accoglie quasi al centro il gruppo scultoreo. I personaggi principali sono avvolti nel pathos: come in un rialzo roccioso generato dalla terra, Ade afferra poderosamente Proserpina, che si dimena invocando drammaticamente aiuto. Tutt’intorno, un moto centrifugo di figure di cavalli marini e sirene, in un vortice generato da fiotti e zampilli.
Con la Fontana di Diana di Siracusa, dello stesso autore, la Fontana di Proserpina rappresenta quindi un notevole esempio di tecnica della formatura, impiegata per la rappresentazione del momento culminante di un evento, con echi stilistici che rimandano al più celebre gruppo scultoreo berniniano.
Ma nonostante questo, nonostante la bellezza di nudi eroici, cavalli e sirene colti in un febbrile movimento, la fontana risulta oggi uno “spreco storico-artistico”. La topografia della città di Catania è molto cambiata nel secolo trascorso dall’ubicazione della fontana, che, a giudicare dall’orientamento del gruppo scultoreo, poteva esser ammirata da tutti coloro che dal centro della città si spostavano in periferia in direzione Stazione. Oggi quest’area è stata relegata a zona di transito e degrado: al tram ed ai pedoni, si sono sostituiti miriadi di automobili, ma anche parcheggiatori abusivi, spacciatori e prostitute, che relegano l’area ad uno stato di decadenza.
Il “gioiello di cemento” andrebbe salvaguardato dal degrado e valorizzato; ubicato in un’altra sede, si arricchirebbe, arricchendo turisti e cittadini. Pensiamo ad esempio se fosse collocato al centro di una piazza… al centro di piazza Università! Perché allora non proporre di spostare la fontana in nome di un progetto di valorizzazione? Aspettiamo che Ade ci restituisca Proserpina…