Cultura

Breve storia di Augusta: il secondo Dopoguerra

AUGUSTA – Nell’ambito di una più ampia iniziativa editoriale promossa da La Gazzetta Augustana.it di divulgazione e promozione della storia di Augusta, abbiamo previsto una rubrica settimanale tematica nel nostro web magazine di approfondimento “Cultura”. Ha per titolo “Breve Storia di Augusta” ed è curata da Filippo Salvatore Lentini, detto Salvo, già ufficiale della Marina Militare, che da appassionato alle vicende storiche e alle tradizioni augustane, facendo ricorso ad un’estesa bibliografia che comprende i numeri del “Notiziario storico di Augusta” e i diversi lavori succedutisi nel tempo di noti studiosi della storia cittadina (che Lentini ci ha chiesto di menzionare in ordine casuale in premessa: Mario Mentesana, Elio Salerno, Tullio Marcon, Ennio Salerno, Vincenzo Cacciaguerra, Ezechiele Salerno, Giorgio Casole, Sebastiano Salomone, Giovanni Vaccaro, Giuseppe Messina, Giovanni Satta, Giuseppe Carrabino, Italo Russo e non solo), ha pubblicato nel 2008 l’apprezzata opera dal titolo “L’Isola delle Palme”. Offrirà ai lettori de La Gazzetta Augustana.it, per la prima volta su una testata, la versione ridotta e adattata al web della sua pubblicazione.

32. Il secondo Dopoguerra.

Viale Italia anni ’40, ‘Il rientro in Città’

Il terribile periodo di guerra, che costrinse gli Augustani a dover vivere un periodo triste e buio della loro esistenza, dovendosi arrangiare alla meglio per sopravvivere, ridusse la bella località megarese ad un ammasso di rovine e di macerie varie, arrestandone anche quel progresso economico iniziatosi qualche decennio prima, proprio quando la città venne arricchita di strutture militari ed attrezzata per affrontare il conflitto bellico. Infatti i lavori d’installazione delle basi militari, realizzate prima della guerra, diedero anni di ‘respiro’ ai tantissimi disoccupati locali che, inoltre, ebbero l’opportunità di poter lavorare nella propria città, a due passi da casa.

Cessati i bombardamenti, finita la paura e scongiurati i vari pericoli, vi fu il rientro in città degli sfollati e, qualche tempo dopo, arrivò anche la pace. Arrivarono così gli anni del dopoguerra e, con loro, il lungo periodo e l’oneroso compito di dover ricostruire un ambiente ridotto malissimo, sia dal lato dell’edilizia che per la vita sociale ed economica della città. Un impegno massiccio ed encomiabile, con l’obiettivo generale di far ri-tornare ad Augusta la tranquillità e la serenità, perdute a causa della tragica guerra: era la speranza di riuscire a ripristinare quel bel mondo della perduta ‘Isola delle Palme’ che, purtroppo, non sarebbe stata più la stessa!

Nell’immediato dopoguerra molti augustani ebbero la fortuna di prestare manodopera, ricavandone dei salari ‘salva famiglia’, nei vari lavori creati dalla situazione disastrosa in cui si trovava la città dopo i gravi bombardamenti ai quali era stata sottoposta; infatti, gli abbattimenti degli edifici pericolanti, lo smaltimento delle macerie, i ripristini, i restauri generali e le nuove costruzioni furono le principali sorgenti di lavoro di quegli anni. Anche la presenza degli inglesi, nonostante alcuni riscontri negativi, fu di grande aiuto alla comunità locale dando la possibilità a tante famiglie augustane di vivere con una certa tranquillità economica.

Infatti, alla cessazione delle ostilità belliche, i britannici contribuirono alla nascita di nuovi ambienti di lavoro quali la ‘Factory of Cytrus’ e la compagnia aerea della B.O.A.C., che impiegava i diffusi idrovolanti dell’epoca.

  • Factory of Cytrus

Viale Italia anni ’50, ex Fabbrica del Cytrus

Di notevole interesse commerciale fu la nascita della ‘Factory of Cytrus’, la fabbrica per la lavorazione degli agrumi, che occupò una certa quantità di manodopera locale e creò anche un continuo contatto commerciale con la lontana Inghilterra. Infatti nella “Fabbrica do Citrus”, com’era conosciuta localmente l’azienda commerciale, si estraevano le essenze dagli agrumi e le stesse scorze, dopo adeguati trattamenti, venivano inviate in Gran Bretagna per la produzione dei prodotti derivati, quali essenze, aromi e canditi.

I trasporti verso l’Inghilterra avvenivano via mare, a bordo di navi che imbarcavano la merce nei moli esistenti nella vecchia darsena. I prodotti lavorati giungevano con dei mezzi di trasporto, trainati da quadrupedi, che collegavano “u Cytrus”, che occupava una vasta area situata nel Viale Italia nei pressi del passaggio a livello, con le banchine dell’imbarco.

  • Compagnia aerea B.O.A.C.

Palazzine Vandone anni ’50, già sede della B.O.A.C.

Con la nascita della British Oversas Airways Corparation (B.O.A.C.), gli inglesi seppero ben sfruttare l’ampia rada di Augusta utilizzandola come un’importante tappa per la loro nuova compagnia aerea, che impiegava idrovolanti civili, confidando anche nell’ottima posizione geografica della città megarese sulle rotte per il Medio Oriente e l’India. Questa compagnia aerea, che dava lavoro diretto ed indotto a tantissimi augustani, fu capace di creare la più importante linea d’idrovolanti del mondo, effettuando trasporti a scopo civile e commerciale in moltissime e lontane zone del pianeta, avendo la base di Augusta come uno dei suoi più prestigiosi scali aerei. Insediatasi inizialmente in dei locali situati nel Viale Risorgimento, in seguito la B.O.A.C. si trasferì in una delle palazzine del ‘Vandone’, adattata ad uffici della compagnia aerea ed utilizzata anche come stazione di transito per i tantissimi viaggiatori che, nello scalo di Augusta, trovavano la necessaria assistenza ed il massimo conforto.

Stazione ferroviaria anni ’50, emigrazione

Con il tramontare dell’utilizzo degli idrovolanti, dopo appena un lustro di attività, nel 1950 la compagnia della B.O.A.C. cessò di esistere, lasciando molti cittadini senza lavoro. Così, venuta a mancare una azienda di rilevante occupazione lavorativa quale era la B.O.A.C., in città tornò ad aumentare la disoccupazione e tanti altri augustani furono costretti ad emigrare. Una soluzione forzata in quanto l’attività economica augustana era quasi del tutto derivante dalle discrete risorse naturali che la città offriva ai propri figli; lavori faticosi e non sempre stabili che, oltre-tutto, producevano redditi abbastanza modesti. Difatti, la forza lavorativa locale continuava ancora ad essere in prevalenza composta da pescatori, campagnoli, salinari, “mastri d’ascia”, muratori, tegolai, quartarari, artigiani vari e piccoli commercianti; in minoranza erano i liberi professionisti, gli insegnanti e gli impiegati pubblici.

  • Ambiente cittadino

Idroscalo anni ’50

Anche se la situazione economica non fosse delle migliori, anno dopo anno e con l’impegno generale, a metà degli anni Cinquanta Augusta ritornò ad essere quella piccola, pulita e ben curata cittadina di provincia; una ridente isola dove i bei litorali, lo splendido mare, le verdeggianti campagne e le assolate saline creavano un ambiente modesto ma abbastanza vivibile, soprattutto dal punto di vista climatico ed atmosferico. Un luogo tranquillo e splendido, avvolto da aria pura e attorniato da tanto mare, dove le barche navigavano con le ampie vele o con i soli remi ed era anche possibile intravedere i suoi meravigliosi fondali, grazie alle sue limpide e trasparenti acquee. Fortunatamente i cieli, non più solcati da aerei carichi di bombe da scaricare sulla città e con la ripresa della vita normale, ritornarono nuovamente ad essere attraversati da stormi di cicogne con nastrini rosa e azzurri, per la gioia di tante coppie di sposi. Tali cicogne trasportavano il loro carico con più gioia del solito, perché sapevano di dover consegnare nelle mani della “mammana” i bambini di una nuova generazione: quella degli anni Cinquanta che, certamente più fortunata della precedente, vivrà in periodi di pace ed in anni protesi verso la ripresa socio-economica della città di Augusta. Così nelle strade e nelle piazze cittadine ritornarono a vedersi più bambini e ragazzini che, con i loro tanti e vari giochi, animavano tutto l’ambiente; un ambiente semplice che, con il loro gioioso vociare, dopo anni di tristezza e di paura, ritornava a fare assaporare la tranquillità ed il vivere sereno.

Viale Italia anni ’50, ex sito della Fabbrica del Cytrus

Nonostante tutto, nel dopoguerra Augusta manteneva ancora radicato l’aspetto del semplice e tranquillo paese del Sud, dove le mo-deste e vecchie case erano in numero molto superiore a quelle di una certa grandezza e di nuova costruzione. Le tipiche case augustane di quegli anni si estendevano in lunghezza e, prevalentemente, in modo perpendicolare alle principali e lunghe vie cittadine: spesso, fra lunghissimi corridoi e orti interni, le abitazioni si sviluppavano fra due strade parallele. I vari locali, spesso realizzati con gli “spatticammira”, ovvero le pareti realizzate in legname per ricavare più vani da un ampio stanzone, si susseguivano uno dopo l’altro: prima veniva l’ingresso, facente anche da soggiorno e salotto, seguiva la stanza da letto, la cucina in fondo e quindi l’orto.

L’immancabile orto interno, anche se non sempre spazioso, era il luogo più ‘movimentato’ dell’abitazione; generalmente qui si trovava “a pila”, una sorta di tinozza, con vicino “u puzzu” da dove si attingeva l’acqua. La presenza della “pila” in una casa dell’epoca era di fondamentale importanza per lo svolgersi della vita di una famiglia. Infatti nella “pila” si lavavano i vari panni sciacquando, insaponan-do, strofinando e risciacquando in continuazione fino a “smuncilli”, ovvero a strizzarli, prima di stenderli ad asciugare all’interno dello stesso orto, utilizzando fili di ferro o pezzi di corda, fissati al muro con dei chiodi.

Se nell’orto non c’era lo spazio sufficiente, i “robbi” si stendevano davanti la porta di casa, utilizzando delle sedie disposte a distanza fra loro per collocarvi i fili, oppure si stendevano “o lastrucu”, nel piano attico, presente sopra tantissime case di Augusta; quelli che abitavano nei pressi dei litorali cittadini, i panni li stendevano “a marina”, utilizzando delle assi di legno conficcate nel terreno e facenti da supporti per i fili. Una volta asciugati ed averli “cugghiuti”, ovvero raccolti, i panni venivano stirati con il ferro riscaldato con la carbonella, in attesa del diffondersi del più moderno ferro da stiro elettrico.

Abbastanza caratteristico, come usualmente avveniva per le tinozze di metallo, era l’utilizzo della “pila” come vasca da bagno per lavare e “sgrasciari” i bambini, utilizzando anche lo stesso sapone impiegato per lavare “robbi e pignati”: altro che bagno schiuma e shampoo con le comode vasche e box doccia dei tempi moderni! Sempre presenti nell’orto erano anche gli alberi di limone, di fico e di melograno, qualche pergola da dove pendevano dei modesti grappoli d’uva, vasi di prezzemolo, basilico e menta, fiori d’ogni genere e l’onnipresente pianta di gelsomino che, col suo inconfondibile e ‘rinfrescante’ odore, inebriava tutto l’ambiente. Spesso, oltre l’orto, c’era anche “u mazzè”, uno stanzone facente da magazzino, dove riporre le scorte di vino, di olio, di olive in salamoia e di altri generi similari, insieme alle tante cianfrusaglie, attrezzi di lavoro compresi, che facevano parte dell’arredo di una casa dell’epoca.

Salvo Lentini


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