Augusta, come si festeggiava il Natale
AUGUSTA – Nel giorno del Natale, proponiamo ai nostri lettori la riscoperta delle tradizioni locali con il paragrafo dedicato nella Breve storia di Augusta, a cura di Salvo Lentini, pubblicata negli anni scorsi su queste pagine.
Il lungo periodo natalizio, comprendente le feste di fine anno ed inizio di quello nuovo fino all’Epifania, è quello classicamente più atteso da tutti, in particolare dal popolo di scolari e studenti che così possono usufruire di una lunga vacanza, lontani dai banchi di scuola!
In passato la città sembrava molto più animata del solito e le persone passeggiavano osservando gli addobbi natalizi allestiti nelle varie vetrine dei negozi; immagini capaci di trasmettere un’atmosfera straordinaria e coinvolgente come quelle che riuscivano a creare, in particolare, le cartolibrerie ‘Motta’ e ‘Roggio’, in Via Principe Umberto, dove vendevano i personaggi e tutto il necessario per allestire il presepio e l’albero di Natale. Gli stessi pezzi per completare il presepe si compravano pochi per volta, per la poca disponibilità di denaro in quegli anni economicamente mediocri, e dando precedenza a quelli più essenziali. Gradevole era anche la vista dei tanti dolci esposti nelle vetrine delle rinomate pasticcerie augustane, prevalentemente esistenti “a Strata Mastra”; sguardi intensi a scrutare piacevolmente la ‘Frutta Martorana’, quei tipici dolcini artigianali fatti di pasta di mandorle e di zucchero e raffiguranti vari tipi di frutta, accuratamente modellati e sapientemente colorati da mani tanto esperte quanto artistiche.
Fino ad alcuni decenni addietro, l’atmosfera natalizia del paese era maggiormente gradita dalla presenza di alcuni pastori che, nelle vesti di “ciaramiddari”, andavano in giro per le vie di Augusta rallegrando con le loro note l’intero abitato cittadino. Di solito questi zampognari su richiesta andavano a suonare nelle abitazioni private, per ottenere qualche gradito regalo, e soprattutto all’interno o davanti agli ingressi di negozi commerciali, per accattivarsi la simpatia dei clienti e sperare di riceverne qualche dono. Richiamati dalla presenza “do ciaramiddaru”, i bambini gli si avvicinavano per assistere alla sua breve esecuzione all’interno di qualche casa o locale pubblico. Quindi, in gioiosa e curiosa attesa, tutti i presenti guardavano lo zampognaro che con la bocca gonfiava il sacco di pelle e poi lo faceva lentamente sfiatare, per ottenere con la destrezza delle sue mani dei soavi suoni. Una scaletta sonora che, nonostante fosse ripetuta tutti gli anni sempre uguale dall’inizio della Novena fino al giorno dell’Epifania, i bambini ascoltavano sempre con immenso piacere e, reduci delle molte repliche, imparavano persino i vari ritornelli che poi canticchiavano magari sulle note dello stesso zampognaro al quale riservavano un caloroso applauso.
A differenza degli alberi di Natale, prevalentemente più sbrigativi da addobbare e di sicuro meno impegnativi, “pi fari u presepiu” occorreva una certa fantasia e tanta pazienza per creare col sughero la Grotta Santa e le colline, fonti e ruscelli fatti con la carta stagnola, uno sfondo stellato, i vari personaggi ed ancora oche, galline, cani, caprette e pecorelle, tanti docili animali che arricchivano il presepio e suscitavano tenerezza e gioia nei bambini, coinvolgendo anche gli adulti.
Il periodo natalizio significava anche trascorrere giornate, e soprattutto serate, in famiglia; riuniti tutti insieme con parenti, amici e “cummari e cumpari”, assaporando quella particolare atmosfera di festa che solo quei giorni riuscivano a creare, preparando magari delle pietanze particolari, da gustare in allegra e piacevole compagnia.
La principale tradizione del periodo natalizio era e, con qualche variazione, lo è ancora la veglia nell’attesa della nascita di Gesù Bambino. Una veglia trascorsa con le persone impegnate a giocare con la classica tombola oppure, utilizzando le carte da gioco, a scopa, “a ti vitti”, a sette e mezzo, “o sciccareddu”, “e mazzetti”, “o domini” ed altri giochi simili. Un miscuglio di giochi per far trascorrere le ore in attesa che l’orologio a pendolo, appeso alla parete, scoccasse la mezzanotte; puntualissimi scattavano i confusi scambi di baci e le strette di mani per i tradizionali auguri. Per i bambini arrivava soprattutto l’atteso momento di mettere nella culla, posta vicino al bue e all’asinello all’interno della Grotta Santa del presepio, “u Bambineddu” conservato in un cassetto in attesa della Sua Nascita!
(Nella foto di copertina: presepe vivente ad Augusta, anni ’80)