Cronaca

Architetto augustano assolto in appello con formula piena

AUGUSTA – Giovedì 21 aprile si è concluso dinanzi alla Corte di appello, 2ª Sezione penale di Catania, il processo di appello che vedeva imputato appellante l’architetto augustano Sebastiano Gulino, condannato in primo grado il 28 maggio 2013 dal Tribunale monocratico di Augusta per il reato di estorsione ai danni di Natale Di Domenico, legale rappresentante della Soc. Coop. “Nuove Costruzioni” a r.l., alla pesante pena di otto anni di reclusione (di cui tre coperti da condono), all’interdizione della professione per quattro anni, al risarcimento del danno per la parte civile e ad una provvisionale di 100 mila euro per la predetta società e 30 mila euro per il suo titolare. I fatti contestati nell’imputazione, secondo l’accusa, si sarebbero svolti dal febbraio 2001 all’ottobre 2003.

Riformando totalmente la sentenza di primo grado, la Corte di appello invece ha assolto perché il fatto non sussiste l’architetto Sebastiano Gulino revocando parimenti le statuizioni civili disposte in sede di condanna in primo grado.

Nello stesso processo si appello, la Corte ha emesso sentenza di non doversi procedere in quanto il reato estinto per intervenuta prescrizione nei confronti della coimputata Sonia Sequenzia, in primo grado condannata per favoreggiamento a tre anni di reclusione (condonati). Le arringhe conclusive sono state tenute dagli avvocati Antonello Forestiere e Giovanni Grasso per l’architetto Gulino; dall’avvocato Carmen Toro per la coimputata Sequenzia; per la parte civile Di Domenico dall’avvocato Alfio Ugo Pera.

Stando all’accusa, l’architetto Gulino, nella qualità di direttore dei lavori di un complesso immobiliare in costruzione ad Augusta per conto della Cooperativa Edilizia Azzurra, mediante la minaccia di non provvedere all’emissione dei Sal, avrebbe costretto Natale Di Domenico, legale rappresentante della Soc. Coop. “Nuove Costruzioni” a r.l. (impresa incaricata della costruzione degli immobili) a corrispondergli somme di denaro pari al 4 per cento dell’ammontare dei singoli Sal per un importo complessivo di 41.500 euro.

Proclamatosi sempre innocente, l’imputato aveva ricondotto tali somme a sue lecite spettanze professionali, comprovate peraltro da accordi documentati, relative all’ulteriore e complessa attività di assistenza oltre a quella di direzione lavori che egli aveva espletato negli anni al fine di consentire il buon esito del progetto, oggetto di un grosso finanziamento regionale. Di segno totalmente opposto, ovviamente, la tesi del suo accusatore Natale Di Domenico.

La Corte di appello di Catania ha quindi posto la parole fine alla vicenda, ribaltando il giudizio sui fatti ed assolvendo l’imputato con la formula liberatoria più ampia, quella appunto che il fatto del quale era accusato “non sussiste”. La motivazione della sentenza verrà depositata entro novanta giorni.


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