Augusta, concorso artistico-letterario del “Ruiz”, ecco le poesie e il racconto vincitori sui “tesori nascosti”
AUGUSTA – Domenica 13 gennaio, in occasione di uno degli “open day” della scuola, nell‘aula magna dell’Istituto superiore “Arangio Ruiz”, si è svolta la cerimonia di premiazione della seconda edizione del concorso artistico-letterario dal titolo “Augusta e i suoi tesori nascosti”, rivolto agli alunni delle terze classi delle scuole secondarie di primo grado.
I numerosi studenti partecipanti delle terze classi degli istituti comprensivi cittadini “Domenico Costa”, “Principe di Napoli”, “Orso Mario Corbino” e “Salvatore Todaro” hanno elaborato racconti, poesie, fotografie, disegni, dipinti riguardanti i beni culturali o ambientali di Augusta, i suoi “tesori nascosti“ appunto, per meglio valorizzarli almeno idealmente.
Obiettivo centrato dai vincitori: primo posto per Chiara Puglisi della 3ª C dell‘Istituto comprensivo “Corbino”, con il suo racconto “Un’incantevole passeggiata”; secondo posto per Fabiana Di Grande della classe 3ª B del comprensivo “Principe di Napoli”, per la poesia intitolata “Il faro“ accompagnata da un disegno a tempera; terzo posto ex aequo per Benedetta Bramanti e Alessia Francesca Passanisi, anche loro della 3ª B del “Principe di Napoli“, autrici di due poesie, rispettivamente “Il mio lustro“ e “Il faro”, entrambe accompagnate da una foto del Faro Santa Croce, in assoluto il bene monumentale più gettonato tra i giovanissimi partecipanti.
Per la commissione esaminatrice, che ha stilato la classifica di merito, non è stato semplice scegliere tra le tante belle opere che hanno partecipato al concorso e che dimostrano la spontaneità e la creatività dei ragazzi che si sono messi in gioco, manifestando i loro sentimenti più intimi.
Pubblichiamo qui di seguito gli elaborati vincitori.
1° posto: UN’INCANTEVOLE PASSEGGIATA di Chiara Puglisi (Istituto comprensivo “Corbino”)
Allo stridulo suono della campanella, che annunciava la fine delle lezioni, mi precipitai fuori dall’aula correndo. Salii in auto, e col telefono mi immersi nel “meraviglioso” mondo di Internet.
Nel frattempo pensai ai compiti che dovevo svolgere per l’indomani. In effetti avevo fatto tutto, eccetto un testo che avrebbe dovuto illustrare i “tesori” augustani non molto conosciuti. Io però non avevo la minima idea di cosa scrivere. C’era davvero qualcosa di bello ad Augusta, che non era, il “solito” Castello svevo, Hangar, Kursaal, Porta spagnola, Giardini pubblici, già tutti visti e rivisti?
Non conoscendone nemmeno uno, chiesi aiuto a mio padre che si trovava lì vicino. Lui, felice, mi disse che non bisognava allontanarsi molto da casa nostra per scoprire un mondo mai visto. Addirittura disse che una “piccola” parte si vedeva dalla finestra della mia stanza. Incredula, andai a controllare. Cercai di capire a cosa si riferisse, e incominciai a scrutare il paesaggio. Esaminai tutto con lo sguardo, ma non trovai niente. Il babbo mi disse allora, che uno dei tesori era lui: il Canale di Brucoli.
Io sorpresa, e molto incuriosita, chiesi di spiegarmi meglio. Lui sorrise dicendomi che bastava fare una passeggiata. Uscimmo. Davanti ai miei occhi, un imponente castello, circondato da maestose piante grasse. Più in là, un magnifico mare smeraldo, quasi irreale, si infrangeva nelle scure scogliere, intorno alla fortezza.
Allungando lo sguardo, riuscii anche a vedere un fiume: il Torrente Porcaria. In questo ruscello erano ormeggiate una grandissima quantità di barche, appartenenti agli innumerevoli pescatori del borgo. Seguendo il suo corso, mi accorsi che i pescherecci non finivano lì, ma trovavano la loro maggior consistenza in una “darsena naturale”, formata dallo stesso torrente. Guardando attentamente, scorsi delle caverne nelle ripide fiancate. Scoprii così, che in quelle grotte, durante la seconda guerra mondiale, aveva vissuto la mia bisnonna, che lì si rifugiava durante i bombardamenti.
Intanto con le zampe ben ancorate sulla sponda del fiume, che da questo tratto cominciava ad essere circondato dal verde delle ginestre e dei cardi selvatici, incantevoli aironi e spatole bianche si procuravano il pasto. Non poco lontano una coppia di cavalieri d’Italia era intenta a curarsi il piumaggio, mentre una garzetta si librava nel ciel sereno.
Ad ogni mio passo, scoprivo una grandissima quantità di animali e piante, che finora non avevo mai notato. Riuscii addirittura a vedere un martin pescatore appollaiato su un ramo d’ulivo. Era splendido con la sua vivace livrea, perciò decisi di fotografarlo. Presi il cellulare e scattai una decina di foto. Ad un certo punto lo smartphone lampeggiò, ed emise un suono di notifica: avevo un nuovo messaggio. Il mio istinto fu quello di aprire l’applicazione per controllare meglio la situazione. D’un tratto la connessione si perse. Cercai svariate volte di “riconnettermi”, ma tutto inutile. Sembrava fosse stata la natura l’artefice di questo, sembrava voleva che io non mi distraessi, che io pensassi solo a guardarla ed ammirarla. Spensi allora il telefono, chiedendo a mio padre se potevamo continuare questa avventura alla scoperta di nuovi “tesori nascosti”.
Continuammo così ad incamminarci verso la Gisira. Adesso la bianca pietra calcarea era sommersa dall’erba alta. Da lontano scorsi una grotta, poi un’altra, e un’altra ancora. Ci avvicinammo per vederle meglio, riuscii perfino a entrarci dentro, dove trovai un piccolo frammento di ceramica rossa, segno che Brucoli fu da “sempre” abitato. Mio padre indicò il cielo. Sopra di noi volava magnifica una poiana, anche lei in cerca di cibo. Ci arrampicammo sulle pareti scoscese di quelle che sembrano delle “montagne in miniatura”, e dall’alto osservammo quello che ritenevo fosse uno stupendo bosco. Era irresistibile. Volevo vederlo da più vicino.
Scendemmo dall’altopiano e ci immergemmo nella verdeggiante boscaglia. A terra facevano capolino numerosi funghi: erano appetitosi allo sguardo, ma mio padre mi mise in guardia sulla loro pericolosità. Le piante erano molto alte, addirittura le “ferule”, simili a grandi finocchi, crescevano più alte di me. Quest’ultime erano però sovrastate dai rigogliosi “azaruoli” che riempivano i nostri polmoni del profumo dei loro canditi fiori. Io mi divertivo a sfiorarli, per vedere come i petali immacolati cadevano dall’albero come fiocchi di neve. In poco tempo, tutt’intorno all’albero c’era un sottile mantello di candore. Scovammo poi il letto, ormai asciutto, di un piccolo fiumiciattolo, circondato da striminziti alberi d’arance. Affamata ne presi una e dopo averla accuratamente sbucciata l’assaggiai: all’inizio il sapore aspro mi riempì la bocca, ma subito dopo lasciò un sapore vellutato. Ne facemmo una scorpacciata e continuammo il nostro cammino, risalendo sull’altura.
Sotto i miei piedi, piccole erbette dipingevano il paesaggio di un rosso luminoso, su cui spiccavano fiori gialli e bianchi. Il tutto pareva un quadro, ed era un vero peccato camminarci sopra.
Ormai era sera, e mentre il cielo violetto lasciava spazio a nuvole rosate, ci incamminammo verso casa. Avevo tante cose da scrivere, tante cose da raccontare agli altri, tante cose da tramandare.
Brucoli rubiconda, piccolo borgo immerso in un placido mar cobalto che specchia l’imponente Mongibello, una cittadina che racchiude innumerevoli tesori ancora da scoprire.
2° posto: IL FARO di Fabiana Di Grande (Istituto comprensivo “Principe di Napoli”)
Segna il cammino
a coloro che l’hanno perso
torre di fuoco
punto fisso mai disperso.
Immobile,
nel giorno e nella notte;
mai stanco di sfavillare,
di dare luce chi l’ha persa.
Forte di resistere
ad ogni tipo di tempesta
questa torre di fuoco
che mai si arresta.
3° posto: IL FARO di Benedetta Bramanti (Istituto comprensivo “Principe di Napoli”)
Si accende
quando la notte scende,
quel baglior che si intravede da lontano,
anche attraverso un uragano,
anche col mare in tempesta,
ma all’improvviso s’arresta.
Uno…due…tre…ed eccolo ancora,
nel buio trova dimora.
Indica la via
ovunque tu sia.
Il profumo del mare nell’aria si diffonde
ma pescatori e viaggiatori non confonde.
Simili a vecchi castelli fiabeschi
Ricordano momenti spensierati e giochi fanciulleschi,
ispirando un irresistibile senso di malinconia
che ci avvicina all’infinito in armonia.
3° posto: IL MIO LUSTRO di Alessia Francesca Passanisi (Istituto comprensivo “Principe di Napoli”)
Tu che mi orienti,
mi descrivi e mi capisci
mi rendi speciale
in questo mondo banale.
Mi guardi e mi difendi
dalle onde imponenti.
Mi avvolgi e mi inondi
con la tua luce cui mi circondi.
Per un attimo mi lasci, ma subito dopo mi ristringi
e sempre verso te mi spingi.
Fai risplender il mare nelle buie notti
per salvar il mal navigar dei tuoi picciotti.
Un punto di forza e un punto fisso sempre sarai
senza lasciarmi mai.