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Augusta, è l’ultima fornace da calce del suo genere nel territorio: apposto vincolo etnoantropologico

AUGUSTA – L’Assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, guidato da Alberto Samonà, ha decretato nei giorni scorsi un vincolo per un elemento di valore etnografico presente nel territorio di Augusta. Il decreto, richiesto ben sette anni fa dalla locale associazione culturale “Marilighea”, riguarda la fornace da calce (e vicino vano di pertinenza) sita in località Campolato Basso, in prossimità di Brucoli, quasi a ridosso della baia. Si tratterebbe del primo bene ad Augusta a ricevere un vincolo di tipo demoetnoantropologico.

Il risultato, ottenuto dopo una lunga trafila amministrativa che ha avuto inizio nel 2015, si deve alla proficua sinergia tra la Soprintendenza ai Beni culturali di Siracusa diretta da Salvatore Martinez e l’associazione “Marilighea“, da tempo impegnata nella ricerca, divulgazione, valorizzazione e tutela del patrimonio culturale. L’unità operativa ai Beni paesaggistici ed etnoantropologici, coordinata da Giuseppe Armeri, con i funzionari incaricati del vincolo dell’antico impianto produttivo, l’esperto catalogatore Giuseppe Implatini e il catalogatore Carlo Cicero, per avvalorare l’istanza e redigere la relazione tecnica allegata al provvedimento di tutela si è avvalsa anche dello studio eseguito dall’augustano Luca Di Giacomo (fondatore e presidente di “Marilighea”) sull’antico stabilimento produttivo, nell’ambito della propria tesi di laurea in Storia e conservazione dei Beni architettonici e ambientali, che ha fornito informazioni storiche, oltre che foto d’epoca e rilievi.

L’impianto, edificato intorno al 1939 dal sig. Matteo Di Mauro di Catania – riferisce Luca Di Giacomo – che acquistò anche le cave adiacenti per l’approvvigionamento della materia prima, servì alla produzione di calce che veniva esportata via mare fino a San Giovanni Li Cuti, per poi da lì essere distribuita nel catanese. Dal punto di vista pirotecnologico la fornace in questione rappresenta la tipologia detta “a lunga fiamma a fuoco continuo” un metodo all’avanguardia, per i tempi in cui era attiva, perché consentiva una produzione ininterrotta. Inoltre richiedeva la presenza di un indotto che occupava diverse maestranze, com i cosiddetti pirriaturi (cavatori di pietra) tra cui si ricorda il sig. Pietro Tortora di Brucoli“.

La struttura insistente su Campolato Basso, come riportato nel decreto assessoriale regionale, è riconosciuta “di interesse etnoantropologico particolarmente importante” perché costituisce un metodo di produzione non più esistente e perché l’ultimo esemplare di questa tipologia nel territorio, dal momento che altre simili esistenti nei pressi dell’attuale via Catania, di proprietà della famiglia La Ferla, vennero distrutte in concomitanza dell’espansione urbana della zona Borgata.

Il risultato ottenuto grazie all’interesse e impegno di “Marilighea” e alla operatività dell’ente preposto alla tutela del patrimonio scongiura la possibilità che un tassello così importante della nostra storia economica venga danneggiato o anche solo adibito ad usi non compatibili col suo carattere etnoantropologico – sottolinea Di Giacomo – dandogli così anche un nome, un significato e un valore e risolvendo una volta per tutte le tante inesattezze divulgate finora a riguardo di quello che, data la particolare collocazione, rappresenta un riferimento visivo fondamentale nel paesaggio di Brucoli. Infine il bene, trovandosi lungo uno dei più suggestivi percorsi escursionistici dei dintorni del borgo marinaro, si presta particolarmente a divenire tappa anche di itinerari didattici pluridisciplinari che le scuole di Augusta e non solo vorranno programmare“.


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