Augusta, restauro Castello svevo, l’assessore Sirena condivide il progetto di rimozione del carcere
AUGUSTA – Interviene oggi l’assessore comunale Giusy Sirena nel dibattito social innescatosi su alcuni aspetti del “Progetto di consolidamento, restauro e fruizione del Castello svevo di Augusta”. Mancano pochi giorni al termine per l’invio all’Urega, fissato il 10 giugno, delle proposte di partecipazione al bando di gara (pubblicato dalla Regione il mese scorso) del primo stralcio funzionale dei lavori per circa 5 milioni di euro (già finanziati dal Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 – Patto per la Sicilia).
In attesa di conoscere l’operatore economico che si sarà aggiudicato la gara e i tempi per la consegna dei lavori, dal Comune si leva una voce sui lavori auspicati da molti anni. Si rammenta che la tutela del Castello svevo è di competenza dell’assessorato regionale ai Beni culturali, per il tramite della Soprintendenza di Siracusa, che ha infatti si era occupata del progetto. Comunque l’assessore comunale competente, come rende noto, ha “avuto modo, nel corso degli ultimi tre anni, di confrontarmi con tecnici della stessa Sovrintendenza e di partecipare a tavoli tecnici nei quali, alla presenza degli Enti interessati, si è discusso sulle modalità e sui tempi di intervento per il recupero del Castello“.
L’assessore Sirena dice quindi la sua sulle cosiddette “superfetazioni” in discussione, cioè le strutture aggiunte in epoche diverse al castello federiciano, alcune delle quali nel progetto vedrebbero la rimozione. “Il progetto di restauro esiste da tempo ma ha dovuto subire diverse modifiche, non sostanziali, per essere adeguato alle normative attualmente in vigore e alla disponibilità dei finanziamenti europei finalizzati – premette – Non posso e non voglio entrare nel merito tecnico, poiché non possiedo le competenze per farlo; tuttavia, dal momento che sono professionalmente cresciuta e formata nel mondo dei beni culturali, mi sento di affermare che l’idea progettuale di base, e cioè la rimozione delle superfetazioni relative all’impianto del carcere, avvenuto negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo, è pienamente condivisibile e dovrebbe esserlo da quanti hanno avuto modo di approcciare la normativa e le linee guida che regolano il restauro dei beni architettonici. Alcune scelte potrebbero risultare incomprensibili e contestabili, se non si conosce l’ambito in cui le scelte stesse maturano e non si conosce la filosofia di base che regola l’attività del progettista di un restauro così imponente e delicato, come peraltro di tutti coloro che, a vario titolo, lavorano in questo ambiente“.
L’assessore comunale si schiera a favore del progetto esecutivo della Soprintendenza. “Riportare il Castello alla volumetria alla quale è pervenuto dopo gli interventi realizzati fino al diciassettesimo secolo – afferma Sirena – risponde al principio, condiviso da gran parte degli studiosi di restauro e conservazione dei beni culturali, nonché alle indicazioni del Mibact, di un “intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali”. Senza voler sminuire il valore storico del penitenziario impiantato sul Castello Svevo, certamente risulta essere ben più determinante, per la trasmissione di valori storico-culturali, riportare il Castello stesso alla sua dimensione originaria, che ha mantenuto inalterata fino al 1890, e alla sua precipua vocazione di baluardo militare. Inoltre, fatto non di poca importanza, le superfetazioni relative al carcere si sviluppano per due piani sopra le volte del periodo svevo, rivelando la scarsa capacità progettuale di chi ha realizzato il penitenziario e causando ingenti danni strutturali e il progressivo degrado delle volte stesse“.
“La scelta, quindi, di operare nel senso sopra descritto, a mio avviso – conclude – va ampiamente sostenuta, sia per le motivazioni di carattere storico-culturale sia per garantire la migliore conservazione dell’edificio ed evitare la perdita definitiva di una struttura architettonica di così alto pregio. Le critiche sulle scelte tecniche andrebbero comunque fatte con cognizione di causa e non soltanto per mero desiderio di opporsi a scelte ben ponderate e ampiamente condivise“.