Augusta, traffico di ossicodone Italia-Usa, 8 arrestati. Indagati anche 5 medici
AUGUSTA – L’operazione di poliziotti e finanzieri, denominata “Fast shipping“, ha portato stamani a disvelare un presunto traffico internazionale di ossicodone tra Augusta e gli Stati Uniti. Nell’ambito di articolate attività d’indagine coordinate dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) della Procura di Catania, i poliziotti delle Questure di Siracusa e Catania e i finanzieri dei comandi provinciali della Guardia di finanza di Siracusa e di Catania hanno dato esecuzione a un’ordinanza, emessa dal Gip del tribunale etneo, con cui sono state disposte misure cautelari nei confronti di 9 persone, sottoposte a indagine, a vario titolo, per le ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti tra l’Italia e gli Stati Uniti d’America, prescrizione abusiva di farmaci, truffa aggravata ai danni del Servizio sanitario nazionale, ricettazione e falsità commessa dal pubblico ufficiale in certificazioni.
Sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di ben 29 soggetti indagati, tra i quali 5 medici.
Quanto alle misure cautelari eseguite stamani a carico di 9 degli indagati: custodia cautelare in carcere per Angelo Claudio Passanisi (75 anni, residente ad Augusta), la moglie Maria Lanna Passanisi (74 anni, residente negli Stati Uniti), Massimo Corrado, Francesco Pasqua, Antonino Spinali; arresti domiciliari per Agata Agati, Lina Spinali, Domenico Zanti.
Inoltre, provvedimento interdittivo dall’esercizio della professione e dal servizio pubblico per la durata di 12 mesi nei confronti di un medico, S.T., a carico del quale è stato disposto anche un sequestro preventivo per equivalente di oltre 115 mila euro.
Secondo il commissario capo della polizia di Augusta, Guglielmo La Magna e il maggiore della Guardia di finanza Andrea Sotgiu, comandante della compagnia di Augusta, il presunto sodalizio avrebbe organizzato il traffico internazionale di ossicodone (sostanza oppiacea contenuta in alcuni farmaci), acquistato illecitamente in Italia e spacciato negli Stati Uniti, dove è vietata la vendita. L’indagine, svolta nell’ultimo biennio, ha riguardato episodi che partono dal 2015.
È di circa 600 mila dollari, sempre negli anni presi in esame, il presunto guadagno nel mercato illegale per l’organizzazione. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’associazione per delinquere, avvalendosi di medici compiacenti, sarebbe riuscita a reperire l’ossicodone mediante prescrizioni, quasi tremila contestate, di “medicinali contenenti la sostanza a favore di persone decedute o che non necessitavano della terapia“.
Ottenuti i prodotti contenenti lo stupefacente, l’organizzazione avrebbe organizzato molteplici spedizioni in territorio statunitense, utilizzando plichi appositamente imballati con materiali idonei a “schermarne” il contenuto e recante mittenti e destinatari fittizi, al presumibile fine di frazionare i punti di arrivo della merce per ostacolare eventuali controlli.
Essenziale a questo proposito, per la concreta individuazione dei sodali residenti negli Stati Uniti d’America, è stata la cooperazione internazionale di polizia, posta in essere dagli investigatori italiani con i funzionari dell’Homeland Security Investigations, che si occupa di contrasto alle attività illecite transfrontaliere. Al riguardo, l’organo collaterale americano ha proceduto, lo scorso gennaio, anche all’arresto in flagranza di reato nei confronti di un presunto sodale residente negli Usa, al momento della ricezione di un plico contenente il farmaco.
Particolare rilevanza assume anche il presunto danno arrecato alle casse dell’Erario. Sulla base delle ricette, il farmaco è stato erogato in Italia gratuitamente, con ingiusto profitto degli intestatari, i quali lo avrebbero ritirato senza costi presso varie farmacie per poi rivenderlo illegalmente all’estero, come sostanza stupefacente, realizzando, a carico dello Stato gravato dall’onere dell’acquisto della medicina, un danno di pari importo. La ipotizzata truffa ai danni del Sistema sanitario nazionale, secondo quanto calcolato dagli inquirenti, tra il 2015 a 2019, ammonta a circa 394 mila euro.