Dialogo tra Epicarmo, Domenico e Peppino. Ovvero dell’incontro tra devastazione e Bellezza
Crepuscolo. Da qualche parte, sui monti Climiti.
EPICARMO: ma cosa sono tutte quelle luci, quei rumori? sarà forse la mia Megara?
PEPPINO: è la zona industriale, Epicarmo.
EPICARMO: zona industriale… e quelle immense colonne, sono di templi?
PEPPINO: sono solo ciminiere.
EPICARMO: e la mia città, l’agorà, i suoi templi, le case: non era lì?
DOMENICO: ah si, quelle quattro pietre. Saranno là, da qualche parte. Io non l’ho mai vista.
PEPPINO: c’è ancora. Sopravvive. E sopravvivrà anche a questo scempio. Le tombe superstiti dei greci, hanno fatto da presagio alla moltitudine di lutti in queste terre.
EPICARMO: perché parli di “scempio”, Peppino? a me il mare sembra ancora del colore dei pavoni…
PEPPINO: il colore dei pavoni è stato sostituito, dal colore cristallino del mercurio.
DOMENICO: ma non essere così critico… guarda che acqua trasparente… e pure calda!
PEPPINO: eh sì, un’opera d’arte. Petrolio su tela.
EPICARMO: e gli abitanti? gli uomini, le donne, i bambini? gli artigiani, i pastori, i contadini? che fine hanno fatto?
PEPPINO: sono stati tutti deportati… estirpati dai luoghi della memoria. E adesso, chi nasce di questi tempi, ha per luoghi della memoria camini e serbatoi.
EPICARMO: e quindi non ci si ricorda più dei Templi, dei castelli e delle mura poderose, delle torri..? Non ci si ricorda più delle saline e dei mulini, del pescato copioso, della canna da zucchero?
DOMENICO: pro-gres-so, amici miei. Si chiama progresso!
PEPPINO: progresso sta minchia.
EPICARMO: ehi, non litigate… ci sarà pure un modo per venirne a capo. Un modo per correre ai ripari e riportare questa terra alla Bellezza.
DOMENICO: e cosa dovremmo fare, chiudere bottega ed andare via? preferisco morire di cancro, che di fame.
PEPPINO: ma come puoi, tu, affermare una meschinità del genere?
DOMENICO: ma perché, non ho il diritto a lavorare? di sostituire e continuare ciò che ha fatto mio padre, e suo padre prima di lui? oppure dovrei scappare da un’altra parte? tanto lo sappiamo che qui non cambierà mai niente…
PEPPINO: a che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?
EPICARMO: ben detto Peppino, ben detto. Adesso ricordo. Occorre solo rileggere la storia, Domenico. Basta osservare la tenacia di coloro che sarebbero diventati abitanti di Megara Hyblaea, la tenacia per ottenere un piccolo lembo di terra. O credi forse che se avessero conosciuto il proprio futuro, se avessero saputo che sarebbero stati distrutti da Siracusa, non avrebbero fatto lo sforzo di fondare una città?
(Qui sopra una ‘sceneggiatura’ immaginaria del blogger-archeologo “Il Corbaccio”, alias l’augustano Carlo Veca, ispirata dalla puntata de “I dieci comandamenti” dal titolo “Pane nostro” sul polo petrolchimico in onda su Raitre il 18 novembre 2018, nell’immagine in evidenza)