Pietre – L’immortalità della memoria nel cortometraggio tutto augustano
Ho sempre confidato nella potenza delle immagini, se poi si parla di immagini in movimento credo si possano raggiungere livelli emotivi davvero elevati e spesso inaspettati. Nel caso di Pietre, cortometraggio tutto augustano, questo discorso è particolarmente valido per due ragioni: attiva il processo di emozione/affezione verso qualcosa che ci appartiene e compie un percorso di “svelamento del rimosso”. In particolare con questa seconda accezione faccio riferimento a tutto quel bagaglio di tradizione popolare per la maggior parte perduta col tempo.
Pietre compie un percorso mirato, come fosse un viaggio di riappropriazione di sé e della propria “coscienza perduta”, porta a galla una sorta di subconscio collettivo in stato di quiescenza. Analizzando i fatti allo stato attuale, è abbastanza lampante la sensazione di una sorta di “perdita di memoria”, una condizione di oblio dentro cui il passato diventa sempre più un concetto inafferrabile. La ricca tradizione augustana ha subito nel tempo uno scollamento dal suo popolo, finendo per rimanere relegata ad una sfera incapace di appartenere alle nuove generazioni.
L’operazione che conduce Pietre mira proprio in questa direzione: riappropriazione, anche tangibile, di ogni tassello che compone Augusta, sia esso un bene appartenente alla bellezza del territorio, sia esso un bene appartenente alla bellezza delle mente e della memoria. Il cuore di questo cortometraggio affonda le sue radici in una filosofia molto profonda sintetizzabile con il termine “vita”. Non arrendendosi, infatti, alla morte e alla disfatta di tutto ciò che ha reso, nella storia, questo paese oggetto d’attenzione di artisti, pittori, re, registi, scrittori, Pietre si pone come piccolo trattato di vita di un luogo che non si arrende.
Il passato, così, si fonde con il presente e il presente traghetta verso il futuro, restituendo un concetto di tempo molto compatto del quale si stenta quasi a riconoscerne i labili confini. La struttura ad anello che dall’inizio, con un respiro del nonno che sa di morte, ci conduce alla fine, con un respiro all’unisono tra nonno e nipote che sa vita, rafforza ulteriormente questo concetto di tempo ciclico fatto di ritorni, di conquiste e soprattutto di immortalità. Non muore ciò che non viene dimenticato, è eterno ciò che rimane nella memoria.
Pietre porta sullo schermo “il sentimento augustano” fatto di immagini in bianco e nero sature di senso, grazie alla messa in scena di elementi fondamentali della nostra cultura. Risultano fondamentali i cenni storici, all’interno della narrazione, di beni architettonici quali il Castello Svevo, i Forti Garcia e Vittoria, Torre d’Avalos ma anche i racconti di giochi, sentimenti, attese. Ci si imbatte, così, nella storia della Serramonaca, nelle corse tra i vicoli della città, nei giochi tra la sabbia del Lungomare Paradiso, nei racconti della tradizione pasquale, unico esempio di “resistenza della memoria”.
Ancora oggi, infatti, ci si ritrova uniti nell’ascoltare la tromba ferma ad ogni angolo per ricordare, la notte del Giovedì santo, il pianto di Maria mentre cerca disperatamente suo figlio, anche se si narra che questo sia solo l’aspetto popolare tramandato negli anni. In effetti, pare che la tromba simboleggi il canto del gallo e il tamburo il pianto di Pietro che ha appena rinnegato Gesù. In questo frangente è molto ben resa l’emozione che si mischia all’attesa da parte del bambino (giovane nonno), stretto tra le sue coperte mentre aspetta di sentire la tromba passare sotto la finestra. La sua è una sensazione di paura, timore, suggestione ma di contro anche una attrazione quasi magnetica verso un evento a cui innegabilmente tutti sentiamo di appartenere. Pietre sviscera, così, una narrazione che va avanti per step emozionali, facendo leva proprio sulla sfera affettiva. Volendo citare un genere cinematografico credo si possa parlare di Nostàlgia film. Il cortometraggio risulta emozionante per chi non è di Augusta e commovente per chi lo è.
Proprio a proposito degli innesti temporali di cui si parlava, trovo particolarmente efficace l’utilizzo di un “raccordo di sguardo” tra il nonno e la piccola nipotina, consegnando la sensazione che nulla può e deve essere perso. La realtà guardata nel passato attraverso gli occhi del nonno è la stessa realtà guardata nel presente attraverso gli occhi della nipotina. In questo senso risulta un rafforzativo iconografico della diegesi, l’indugiare del regista proprio sugli occhi: ora di uno, ora dell’altra. I passaggi da “sguardo a sguardo” traghettano lo spettatore attraverso la storia non solo interna al corto ma anche esterna ad esso: la storia di Augusta.
Efficace e indispensabile la regia del giovane augustano Luca Musumeci che ha saputo trovare la chiave giusta per tradurre in immagini la sceneggiatura scritta insieme alla professoressa Jessica Di Venuta e alla professoressa Guendalina Sciascia. Il quadro cinematografico è, infatti, sempre ben bilanciato, costruito secondo un gioco di luci e ombre e con una forte attenzione per il dettaglio. Traspare un gusto cinematografico forte che rimanda non solo ad un immaginario di realtà e fantasia di cui sono intrise le pellicole di Tornatore (penso a Nuovo cinema paradiso), ma anche di forte impatto viscontiano (penso a film come La terra trema soprattutto nel modo in cui sono state costruite le scene nei “cuttigghi”).
Senza ombra di dubbio Pietre centra l’obiettivo perché riesce a fare in modo che gli occhi dei bambini sullo schermo diventino gli occhi dello spettatore e al contempo che i sentimenti messi in scena siano quelli del pubblico “immerso” nella fruizione. È un piccolo gioiellino che spero possa essere custodito nella biblioteca comunale e donato alle altre scuole quale esempio di come la didattica possa essere veicolata dall’arte. Il messaggio di custodire tutte le pietre che compongono Augusta è indispensabile per la tutela e lo sviluppo del nostro territorio, per l’esaltazione del senso di appartenenza a una comunità e soprattutto per un senso comune di bellezza che nonostante tutto ci appartiene vincendo anche il tempo.
In ultima analisi ciò che rende particolarmente orgogliosi è il fatto che il cortometraggio Pietre sia stato realizzato degli studenti dell’Istituto comprensivo “Orso Mario Corbino”, diretto dalla professoressa Maria Giovanna Sergi, grazie al supporto della sezione locale dell’associazione “Italia Nostra”, presieduta dalla già citata professoressa Jessica Di Venuta. La sinergia tra queste due realtà, resa evidente dal contagioso entusiasmo delle docenti che hanno creduto in questo progetto dal primo istante – Sciascia e Di Venuta – ha aperto la strada, spero, per una nuova riappropriazione non solo di ciò che ci appartiene ma anche del concetto stesso di arte.
Per concludere vorrei porre l’attenzione sulla splendida interpretazione di Gianni Alderuccio al quale ho di proposito dedicato questo spazio in conclusione. La sua interpretazione è davvero in grado di traghettare lo spettatore in un “luogo altro”, che non è solo quello meramente cinematografico ma è il “luogo del ricordo”. A lui va indiscutibilmente riconosciuto di aver consegnato al cortometraggio Pietre la cornice dorata che indubbiamente merita.