AUGUSTA – “Benvenuto al caso” è l’espressione d’esordio della rappresentazione teatrale di ispirazione dadaista “Habla Horem“, in scena ieri sera presso la sede dell’associazione culturale “Quattroterzi”. È scritta e diretta dal giovane regista augustano Salvatore Gangi e creata con l’intento di rievocare l’atmosfera del “cabaret Voltaire”.
Si tratta del locale, considerato la culla del Dadaismo, nel quale venivano organizzate letture, danze, poesie senza senso, musiche e spettacoli provocatori che diventavano veri e propri eventi culturali privi di passato, fuori dal tempo e per di più irriverenti e caotici. Questo modo di fare “non-arte” nasceva a Zurigo un secolo fa per sfaldare la logica e il conformismo in onore della libertà di espressione, di azione e della creatività.
Così “Habla Horem”. All’interno di una cornice minimalista e quasi surreale, dove tutto avviene per caso senza seguire un filo logico, gli attori pronunciano parole e recitano versi al limite della comprensione, che però trascinano lo spettatore dentro una realtà nuova nella quale si troverà costretto a ritrattare, sebbene per una sola ora, la propria idea di mondo.
Quasi inconsapevolmente, quest’ultimo, ammaliato dal fascino dell’inatteso, disorientato per la totale assenza di regole ed etichette, subirà la magia dell’inconsueto, protagonista indiscusso della scena e non potrà far altro che lanciarsi andare dimenticando la logica e le regole.
L’inconsueto è qualcosa che non troviamo all’interno della nostra esperienza e per questo di fronte ad esso possiamo fare due cose: fuggire oppure, come è accaduto durante “Habla Horem”, rimanere accettando piacevolmente di dimenticare per un po’ chi siamo, a favore di chi o cosa possiamo diventare.
Tra le note armoniosamente stonate di un pianoforte e di un violino si delinea deciso il carattere caotico, ribelle, dissacratorio ma anche incline alla vita, alla libertà di espressione e alla creatività di questa rappresentazione. È come se quel suono liberasse l’anima mettendo a tacere i conflitti che non riescono a trovare terreno fertile nella non-arte e nel non senso.
La rappresentazione è un’esortazione celata ad uscire da noi stessi e sperimentare per scoprire, come scrisse Tristan Tzara nel “Manifesto del Dadaismo”, “che possiamo essere noi e il contrario di noi in un unico respiro“.
Sulle note del non-senso si conclude quindi uno spettacolo che lascia aperte le porte della fantasia e dell’interpretazione. Il regista Salvatore Gangi chiude la serata dicendo: “Non cercate di dare un senso a quello che avete visto, perché perdereste il vostro tempo, a noi basta che accettiate le cose così come sono“.
Marcella Di Grande