Suburra – La recensione dell’ultimo film di Sollima
Tutto scorre nella suburra romana, non a caso l’acqua appare come elemento simbolo che pervade tutto il film: trasuda dal suolo, esplode dai tombini, fluisce inesorabile tra le sponde. La fitta pioggia apre e chiude il film creando una struttura ad anello “lavata” da quell’acqua incapace di eliminare la feccia e peggio di redimere o benedire i corrotti.
La pioggia, come si diceva, caratterizza tutta la prima parte del film presagendo il dies nefastus e conferendo un senso di cupezza e freddezza capace di annebbiare anche la suprema bellezza di Roma. La stessa pioggia bagnerà anche le scene finali arrivando persino ad inghiottire e sommergere il Samurai mentre altra acqua sgorga a forza dalla fontana e dai tombini.
Il Tevere scorre inesorabile insinuandosi tra le “grandi bellezze” della città, inghiottendo cadaveri di uomini disperati che trovano come unica soluzione alla propria esistenza, un lancio tra le sue scure acque. Come se nulla fosse tutto scorre: il Tevere, la pioggia e metaforicamente “un sottotesto” fatto di cadaveri, corruzione e giochi di potere.
La morte è un altro elemento chiave che va al di là della morte fisica di ciascuno dei protagonisti e dei personaggi che gli orbitano intorno, è la morte della dignità, della coscienza e forse anche della speranza. Nessuno si salva, ma soprattutto nessuno è innocente.
La vicenda si apre con le dimissioni del Papa nel 2011, immaginando che proprio contemporaneamente alle dimissioni di Berlusconi, anche Ratzinger abbia preso la storica decisione di farsi da parte lasciando un vuoto di potere e un senso di smarrimento senza precedenti.
Anche in questo caso, rispettando una sorta di corrispondenza ad anello, la crisi del potere religioso e quindi le dimissioni del papa, aprono e chiudono il film sottolineando come l’Italia sia rimasto un Paese “orfano di padre”. In effetti proprio la figura maschile intesa come pater/guida viene a mancare in ogni suo vertice: governo, chiesa e persino nel ruolo di pater familias. I personaggi sono figli senza guida che non reggono il confronto col padre, come Numero 8, in balia degli eventi come Sebastiano, conteso tra le forze di potere come Malgradi.
L’unico personaggio che, pur nella sua corruzione, mantiene il ruolo di mentore/guida e come tale rispettato è il Samurai. Tutti si rivolgono a lui nel momento del bisogno come fosse un padre, ma come gli altri alla fine paga il caro prezzo del “gioco sporco”. Tutti si sporcano le mani, ma soprattutto tutti rimangono vittime della corruzione e dei giochi di potere che non sono capaci di gestire. Anche il Samurai – personaggio alle apparenze saldo e ineguagliabile – alla fine cederà al compromesso proponendo a Viola un accordo in cambio di avere salva la vita.
Proprio Viola, nel suo essere tossica e “sbagliata” risulta essere l’unico vero personaggio coerente e incorruttibile, non accettando il patto propostole dal Samurai ma tendendo fede a valori più alti: l’onore, l’amore, il rispetto. Tutti uccidono per soldi e per potere, Viola è l’unica che uccide per amore, in nome di un patto puro e non corrotto. In un gioco di corrispondenza sarà proprio la sua mano di donna/tossica a dare la morte al Samurai, speculare alla morte della donna/tossica morta durante l’orgia e di cui Malgradi non si cura affatto.
Sono corpi alla deriva, corpi vuoti che si aggirano tra le vie di una città che finisce letteralmente per inghiottirli – come accade appunto al Samurai, al padre di Sebastiano suicida nel Tevere e alla escort minorenne inghiottita dalle acque del lago artificiale. I destini dei personaggi si incrociano creando una fitta trama di rapporti esistenti da sempre – dai tempi della suburra romana – e forse destinati ad esistere ancora nonostante tutto scorra.
Suburra articola storie di uomini e donne verso cui non resta alcuna pietas. Il Samurai che detiene l’autorità come status socialmente riconosciuto, mostrando come gli intrichi di potere si estendano ben oltre l’Italia. Sebastiano, proprietario di una villa in cui “si celebrano” feste mondane, appartenente al sottobosco dei vip. Malgradi, un politico corrotto col vizio “dei festini” (causa tra l’altro dell’incidente scatenante, ovvero la morte della ragazza minorenne, che attiva gli scontri tra clan). Numero 8, mediocre copia del padre accecato dalla voglia di creare una nuova Las Vegas a Ostia. Manfredi Anacleti, capo degli zingari in cerca di affermazione e riconoscimento del proprio potere. Infine vi sono le donne, Sabrina la escort dall’aria malinconica alla ricerca forse più di affetto che di denaro e Viola, compagna di Numero 8, la tossica mossa dalle leggi dell’onore. Interpretazioni magistrali da parte di un cast di attori che risulta essere un vero pilastro portante del film.
Cavalcando l’onda del successo di Gomorra la serie e ACAB, oltre che di film come Romanzo criminale e l’attualissimo Non essere cattivo, Suburra è un prodotto riuscito grazie soprattutto alla grande maestria di Sollima. La regia, infatti, è una nota vincente del film riuscendo anche a coprire dei vuoti di sceneggiatura e bypassando, così, con la bellezza di inquadrature studiate ed empatiche e una fotografia impeccabile, una sceneggiatura che non eguaglia la stessa maestria.
I picchi sempre alti di tensione e, come si diceva, la maestria registica di Sollima distolgono lo spettatore da alcuni “vuoti di scrittura”, sbilanciando il rapporto storia/immagine a favore dell’encadreage sempre ben studiato ed efficace. Sollima è, comunque, riuscito negli ultimi anni a fare quello che forse nessun altro è stato in grado di fare: resuscitare il cinema di genere.